La parola brainrot, dall’inglese brain (cervello) + rot (marcire), si può tradurre come “decadimento cerebrale”.

Di recente, la parola viene usata per indicare in modo ironico la sensazione che il nostro cervello “marcisce” consumando contenuti online stupidi, insignificanti, ma che comunque danno dipendenza.

TikTok è stata la prima a diffondere questo modello: video in formato verticale che vedi scrollando verso il basso, in un ordine deciso da un algoritmo che memorizza le tue preferenze ogni istante.

Perché è diventato comune? Be’, perché funziona. Ci vuole poco sforzo per entrare e molto per uscire. Basta guardarne solo uno e poi ci viene da cercarne un altro migliore, e un altro ancora, e un altro, e un altro…

È come premere la leva di una slot machine. Il prezzo è la tua attenzione, il jackpot è una botta di dopamina (il neurotrasmettitore del piacere, del diletto). Ricorda molto la tv: lo zapping avanti e indietro sul telecomando, con lo sguardo catatonico, in cerca di qualcosa che ci intrattiene; teledipendenti, zombie con il cervello fottuto. Brainrot.

Si pensava che Internet ci avrebbe liberati dal giogo dei palinsesti; invece li ha ricreati, e migliorati. 

Il fatto che questi sistemi ci danneggino il cervello è ormai talmente un cliché da diventare divertente. Il Brainrot è diventato perciò una categoria di meme a sé stante: meme ipersaturi di riferimenti ad altri meme, messi uno sopra l’altro in maniera confusa ed esagerata, che ti friggono il cervello e ironizzano sul brainrot che essi stessi creano.

dal sito Know Your Meme

Un vortice di meta-umorismo che ha dei connotati cupi e apocalittici: siamo senza speranza, la nostra generazione è finita, questa roba ci distrugge, non saremo mai normali… 

Dall’altra ci sono content creator che sfruttano l’algoritmo per spingere gli utenti a… smettere di guardare.

Pagine Instagram come @close.ig.daily, che ogni giorno pubblica video all’apparenza “normali” ma che poi si interrompono e trasmettono un messaggio rivolto agli spettatori: “Staccatevi dal cellulare, state perdendo tempo”. Per scuoterci dal torpore digitale.

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Oppure ci sono creator come @josh_czuba, che tratta di questi argomenti in modo fattuale e persino filosofico: il male che ci facciamo, il tempo che sprechiamo attaccati allo schermo.

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Una domanda sorge spontanea: non è stupido, inutile, addirittura ipocrita lamentarsi dei social… sui social?

Mi vengono in mente le cruente e tragiche foto stampate sui pacchetti di sigarette: questo sarai tu, se continui a fumare. Sentiti in colpa. Una recente ricerca mostra che, per gli adolescenti, questi messaggi anti-fumo sui pacchetti non fanno desistere dal fumare, anzi l’opposto.

E’ utile sentirci in colpa delle nostre cattive abitudini, o è soltanto un pegno emotivo che paghiamo per poi continuare a praticarle? Solo il tempo ce lo dirà. 

Da una parte, è vero noi umani ci rendiamo sempre conto troppo tardi di ciò che ci fa male (vedi: le sigarette).

Dall’altra, siamo anche molto bravi a entrare nel panico. La diffusione della tv, del cinema, persino dei libri, ha suscitato preoccupazione di un deterioramento mentale comune, irreversibile e fatale.

Tutto ciò che possiamo fare è guardare al presente. Prendere coscienza di ciò a cui prestiamo attenzione. Perché la nostra attenzione è la valuta del 21esimo secolo, e più il nostro tempo è limitato più diventa preziosa.


Una risposta a “Brainrot, che cos’è, e come evitarlo”

  1. Avatar Filippo
    Filippo

    Diventeremo (cioè, la cosa divertente é che lo siamo già) come nel film Idiocracy, sempre più scemi

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