“L’ameneurismo chenoptico di questa notte mi trasmette un senso di ectesia”

Hai capito il significato di questa frase? Magari hai ignorato i termini che non conoscevi, dando per scontato che sicuramente vorranno dire qualcosa. Magari lo fai spesso: sorvoli le tue lacune, fai finta di nulla, improvvisi.

Per chi si riconosce in questa idea: e se ti dicessi che esiste una parola che descrive un simile concetto?

Ludiosi (n): la sensazione che stai soltanto improvvisando tutto man mano che vai avanti – sapendo che se qualcuno ti chiedesse perché fai la maggior parte delle cose, non riusciresti a tirar fuori una spiegazione convincente. 

Questo e tutte le altre parole strane precedenti vengono dalla mente di un uomo, il video maker/graphic designer/doppiatore americano John Koenig. Koenig è l’autore di un progetto iniziato sulla piattaforma social Tumblr, poi diventata una serie narrata su Youtube e infine un libro bestseller del New York Times. Il nome del libro è “Dictionary of Obscure Sorrows” (in italiano tradotto come “Dizionario dei Dolori Senza Nome”).

Un dizionario che cerca di dare un nome ad emozioni. Emozioni quotidiane, emozioni complesse, difficili da definire.

Ecco alcuni esempi:

Anemoia (n): Nostalgia per un periodo di tempo che non hai mai vissuto.

Oleka (n): La percezione di quanto siano pochi i giorni memorabili.

Sonder (n): La consapevolezza che ciascun passante è protagonista della propria storia, e in essa tu sei solo una comparsa.

Cenofobia (n): La paura di aver vissuto una vita banale.

Se siete come me potreste aver riconosciuto in queste definizioni un’emozione da voi già provata ma mai categorizzata. C’è un’euforia che nasce in noi quando ci riconosciamo nelle parole di un estraneo. Potremmo darle un nome:

Moledro (n): Un senso di connessione profonda con un autore o artista che non conoscerai mai […].

Questo libro è per noi che nella vita quotidiana abbiamo pensato almeno una volta di essere pazzi, di essere indecifrabili. Il Dizionario esiste per questo: per decifrarci.

Per oltre dieci anni sul suo blog Tumblr, l’autore ha raccolto concetti senza nome e gliene ha dato uno. Lo sforzo di verosimiglianza nel conio di ciascun termine è incredibile, non è per nulla difficile infilare parole di questo Dizionario nella tua conversazione (un esercizio consigliato, anche solo per potersi fingere colti e/o alienare i propri amici) senza che nessuno dica nulla.

Il libro è uscito nel 2021, l’immediato post-pandemia in cui cercavamo di capire come ricominciare ad esistere: forse il miglior momento in assoluto per dispensare una mappa linguistica di “nuove emozioni”.

Che poi di nuovo alla fine non c’è nulla: tutte queste emozioni esistono già. Forse qualcuno le ha già nominate. Forse lo sforzo di Koenig è stato vano.

Vemödalen (n): La paura che l’originalità sia ormai impossibile.

Di solito i dizionari vengono scritti partendo dai termini e delineando il loro significato. Il Dizionario di Koenig invece fa il contrario: prende dei “significati” e assegna loro un termine.

È possibile farlo? È possibile “inventarsi” parole che poi le altre persone usano?

La risposta sembrerebbe, parzialmente, sì. Alcune parole di Koenig, come sonder, hanno avuto un grande successo online e sono già parte della cultura e della letteratura anglofona. Forse in futuro alcuni di questi neologismi finiranno tradotti in un dizionario italiano. Una parola diventa “reale” quando abbastanza persone la usano. 

Ad oggi, il Dizionario è principalmente un manuale d’uso emotivo, per chi come me trova conforto nel dare un nome a ciò che si ha dentro. Leggilo, sentiti riconosciuto, apprezzalo. Tatuati qualcuna di queste parole addosso, se desideri. Questo Dizionario non esiste per persuaderti a usare certe parole, ma per cristallizzare il caos umano nella bellezza sempre un po’ aliena del linguaggio. E questa non è etimologia: questa è letteratura. 


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