«Liliana decise di non parlare, o non poté parlare, o non aveva le parole per dirlo».

Nell’estate del 1990 Liliana Rivera Garza viene trovata senza vita tra le mura del suo appartamento a Città del Messico. Aveva vent’anni, era una studentessa di Architettura, invischiata in una relazione da sempre conflittuale con un giovane uomo che l’avrebbe poi assassinata.

Il romanzo-manifesto El invencible verano de Liliana viene pubblicato nell’aprile 2021. L’autrice, Cristina Rivera Garza, è la sorella della vittima e una delle voci più stimate della contemporanea letteratura messicana.

In una prosa drammatica e coraggiosa, la scrittrice recupera quell’ultima invicibile estate della sorella minore: le sue lettere, le pagine del diario in cui si raccontava, i ricordi degli amici preoccupati per quell’ombra di tristezza che accompagnava la vita di Liliana fino al momento in cui qualcuno gliel’ha sottratta. 

Un memoir sofferto, politico, capace di ripercorrere una vicenda privata e familiare e farne al tempo stesso un testamento artistico e sociale sulla violenza di genere e il femminicidio.

In Italia è SUR che pubblica nel 2023 L’invincibile estate di Liliana, in traduzione di Giulia Zavagna – che proprio qualche giorno fa ha vinto il Pisa Book Translation Award al Pisa Book Festival per la sua traduzione del romanzo. 

Con lapaginabianca.docx abbiamo avuto il piacere di intervistarla: 

“Tradurre è come scrivere di nuovo, come creare da capo qualcosa che esiste già, di fatto, ma che ancora non esiste del tutto”. 

    In che modo arrivi al mondo della traduzione letteraria e come ti poni in merito a quest’affermazione?

    Il mio percorso è piuttosto standard: un vago amore per le lingue fin dall’adolescenza, uno dei primi percorsi universitari dedicati alla traduzione letteraria (che oggi purtroppo non esiste più), un corso di editoria e anni di tirocini e collaborazioni editoriali varie. Poi, a poco a poco, qualche prima esperienza di traduzione. 

    Ormai faccio questo mestiere da diversi anni, e sempre di più lo vedo come un lavoro artigianale, mi metto al servizio di una voce e di un testo, e di tutti gli occhi che lo leggeranno. Forse sono più vicina alla definizione che ne dà Calvino, secondo cui «tradurre è il vero modo di scrivere un testo». Non sento di scrivere a mia volta, ma di leggere microscopicamente, nei minimi dettagli, fino a poter trasportare quelle parole e quei concetti nella lingua d’arrivo. Mi sembra però stupenda l’idea di lavorare su qualcosa che esiste, eppure non del tutto: è effettivamente così, e a ogni libro che affronto il momento in cui comincia a prendere corpo, a esistere davvero in una nuova versione è sempre molto netto, e non smette di emozionarmi.

    In che modo vivi la tua esperienza di traduttrice nel mondo editoriale rispetto alle figure con le quali ti confronti più spesso? Immagino che il tuo lavoro (faccio un esempio) vada di pari passo rispetto a quello dell’Ufficio diritti: ti piace approfondire un po’ anche quell’area più legale, se vogliamo?

      Ho la fortuna di affiancare al mio lavoro di traduttrice quello di editor presso la casa editrice SUR. Lavorando da oltre dieci anni nell’editoria indipendente, ho avuto modo di confrontarmi con tutte le figure della filiera, e come editor gestisco in prima persona le trattative con agenti o editori stranieri, le acquisizioni e la parte contrattuale. È un aspetto del lavoro che mi affascina molto, perché è fatto sopra ogni cosa di relazioni, e di persone che, a livello sempre più professionalizzato, in fondo non fanno altro che consigliarsi bei libri. 

      Da traduttrice, conoscere questi aspetti del mondo editoriale può essere utile per intercettare il libro giusto al momento giusto, ma poi il lavoro sul testo si svolge in modo autonomo, quasi in una dimensione parallela. È però molto bello sapere che lungo tutto il percorso, dall’altra parte c’è una redazione con cui confrontarsi, pronta a sostenere quel testo, a fornire supporto con un lavoro di revisione e rilettura. 

      In che misura, secondo te, il paese d’arrivo accoglie davvero bene un romanzo in traduzione? Oltre alla promozione, quali sono i dettagli che riescono a fare la differenza?

        Mi sembra di poter dire che in Italia i libri in traduzione che hanno un vero e proprio peso sul mercato siano principalmente quelli che arrivano dal mondo anglofono. I libri tradotti da tutte le altre lingue faticano a imporsi, salvo casi eccezionali o mode passeggere e, se restringiamo il campo alla literary fiction, il genere di cui mi occupo maggiormente, i dati sono ancor più scoraggianti. Eppure di tanto in tanto accade, per ragioni difficili da isolare e da prevedere, che si instauri un certo passaparola, che arrivi l’articolo, il consiglio, l’evento che cambia le carte in tavola. Molto si deve al lavoro instancabile di libraie e librai, che spesso soprattutto nelle realtà indipendenti fanno davvero la differenza. Altre volte capita semplicemente che un libro intercetti in particolar modo la sensibilità del pubblico, del momento storico che attraversa, e si faccia portavoce di particolari interrogativi, bisogni, inquietudini, diventando così un fenomeno che trascende le solite dinamiche editoriali. Purtroppo nel lavoro degli editori c’è sempre un certo margine di scommessa, soprattutto quando si tratta di libri in traduzione, e fa parte del gioco.

        Nel 2022 arriva da SUR un romanzo di una scrittrice messicana destinato a diventare quello che in tanti hanno definito libro necessario. Cosa ricordi di quel primo approccio alla traduzione di L’invincibile estate di Liliana? Come avete accolto in casa editrice la notizia di pubblicare in Italia Cristina Rivera Garza?

          Ho letto per la prima volta El invencible verano de Liliana nell’estate del 2021, poco dopo l’uscita del libro in Messico. Come spesso mi capita, seguivo la traiettoria di Cristina Rivera Garza da tempo, e da anni cercavo il libro giusto per poter finalmente riportare la sua voce in Italia (due suoi romanzi sono stati pubblicati da Voland rispettivamente nel 2008 e nel 2010). Quando mi è arrivato il pdf che raccontava la storia di Liliana, non ho avuto dubbi. Ricordo ogni dettaglio della giornata in cui ho concluso la lettura, e mi capita solo quando i libri lasciano davvero il segno. Non si trattava però di una proposta “facile”: L’invincibile estate di Liliana è un libro complesso, molto letterario, con una struttura frammentaria, affronta un tema molto urgente ma ostico, contiene pagine di grande luminosità e bellezza, ma non si può definire una lettura agile, immediata, di facile digestione. Eppure a me è subito parso un libro straordinario, per il coraggio del gesto, la chiarezza delle idee, la nettezza della lingua, per il modo in cui va molto oltre l’elemento puramente testimoniale per raccontare una storia che riguarda tutte e tutti. Ne ho immediatamente parlato in casa editrice, trovando nei colleghi un entusiasmo pari al mio, e abbiamo fatto un’offerta. Quando abbiamo avuto la conferma che sarebbe stata SUR a pubblicare il libro in Italia, mi sono offerta di tradurlo, e da allora a ogni nuova lettura mi sembra di trovarci nuovi spunti, nuovi punti di luce. 

          A marzo del 2024, Rivera Garza giunge in Italia: avete incontrato, tu e lei insieme, i lettori di numerose città italiane (Torino, Milano, Modena, Bologna, Firenze e Roma). Come ti sei sentita nel poter trasporre i suoi messaggi, la sua storia al di là della carta stampata, davanti a un pubblico sempre numeroso e commosso? Che scarto c’è, nel contatto con gli scrittori, tra la traduzione e l’interpretariato? 

            L’incontro con autori e autrici per me è sempre un grande privilegio: spesso mi capita quando sono passati mesi o anche anni dal lavoro svolto sui loro testi, ed è fonte di gratitudine e meraviglia. Il tour promozionale con Rivera Garza è stato particolarmente sentito ed emozionante perché è arrivato nel momento perfetto, anche grazie all’immensa generosità delle interlocutrici che ci hanno accompagnate: Annalisa Camilli, Giulia Caminito, Laura Pezzino, Samanta Picciaiola e Adriana Barbolini. L‘accoglienza e il calore di lettrici e lettori ci ha davvero molto commosse, e sentir raccontare questa storia in prima persona dall’autrice è stato un privilegio e un’emozione che fatico a descrivere (non posso che consigliare di fare altrettanto: grazie a Radio Ondarossa, qui è possibile riascoltare l’evento che si è tenuto alla libreria Tuba di Roma, in compagnia di Cristina Rivera Garza e Giulia Caminito).

            Quanto al mio ruolo, tradurre e fare da interprete sono due mondi completamente opposti, due lavori diversi per ritmo, coinvolgimento, precisione, esposizione: durante gli eventi non c’è il tempo di trovare la parola esatta, bisogna lavorare in velocità perché la traduzione non sia d’intralcio, c’è un certo grado di coinvolgimento anche fisico, semplicemente per il fatto di aver davanti delle persone. Ho la fortuna però di accompagnare come interprete solo autori e autrici che conosco molto bene, ed è sempre un’esperienza molto intensa, un momento di grande condivisione. 

            A maggio del 2024 dalla Columbia University di New York arriva la notizia: Premio Pulitzer al memoir e all’autobiografia per il romanzo manifesto di Rivera Garza. Oltre all’innegabile entusiasmo, quali sono le emozioni che hanno accompagnato un simile riconoscimento, soprattutto pensando all’urgenza politica e sociale di un romanzo come L’invincibile estate di Liliana

              La notizia mi è arrivata in modo del tutto inatteso, ed è stata una grande gioia. Uno splendido riconoscimento per il valore artistico e politico della carriera di Rivera Garza, e in parte anche del nostro lavoro come casa editrice. La più grande soddisfazione è stata però veder circolare questa notizia in tutta Italia, con grande partecipazione da parte di colleghi, librai, lettori e lettrici. È stato più di altre volte un premio condiviso, e se contribuirà all’ulteriore diffusione del libro e della storia di Liliana, avrà ancor più importanza. 

              A cura di Martina De Felice


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