A volte si dice che è meglio non incontrare di persona i propri idoli perché potrebbero deludere tutte quelle aspettative e quelle idee che inevitabilmente si fanno spazio nell’immaginario. Quando, però, ho letto che al Salone del Libro di Torino ci sarebbe stato un evento in cui sarebbe intervenuta Amélie Nothomb ho deciso che avrei corso questo rischio. Del resto, non capita spesso che autori o autrici dei libri che preferisco siano ancora in vita quindi, mi è sembrato saggio approfittarne e, vi anticipo già, non me ne sono pentita.
L’incontro in questione prevedeva la presentazione dell’ultimo libro di Amélie Nothomb Psicopompo pubblicato in Italia da Voland, insieme a quello della sorella Juliette L’elogio del cavallo. Guidate dall’esperta moderazione di Nadia Terranova, le due sorelle si sono raccontate di fronte ad un pubblico appassionato condividendo le loro esperienze di vita che le hanno portate alla stesura di questi due testi. Essendo figlie di un ambasciatore, infatti, hanno vissuto una gioventù all’insegna dei traslochi, spostandosi attraverso continenti, dal Congo al Belgio, dal Giappone agli Sati Uniti. Molte di queste esperienze sono state raccontate proprio da Amélie all’interno di vari romanzi. In Stupori e Tremori ad esempio, o, ancora, in Né di Eva né di Adamo.
L’evento, quindi, è andato oltre l’essere la presentazione di due libri: si è vissuto un momento di profonda riflessione su argomenti esistenziali quali il rapporto con la natura, con i genitori, la passione e l’importanza della lingua e della cultura e, ancora, la questione dell’incomunicabilità quando gli strumenti -in questo caso linguistici- vengono a mancare.
A proposito dell’argomento linguistico è rimasta particolarmente impressa la passione con cui entrambe le sorelle hanno parlato del loro rapporto con le lingue e soprattutto con i modi di comunicare nei vari luoghi. Dalle loro parole, infatti, è emerso che il loro aver deciso di intraprendere anche la carriera della scrittura, soprattutto nel caso di Amélie, è stato molto influenzato proprio dal profondo amore nei confronti della lingua francese.
Il fatto che nella famiglia Nothomb, di origine belga, si parlasse il francese è rimasta, probabilmente, una delle poche costanti nelle loro vite perché malgrado il luogo geografico, il loro bagaglio culturale restava inevitabilmente legato a quel tipo di tradizioni. Amélie, ad esempio, aveva imparato anche il giapponese ma tutti i suoi libri sono scritti comunque in francese. La peculiarità della sua scrittura, però, sta proprio nell’aver avuto esperienza anche di altri tipi di culture e modus operandi che in qualche modo vengono a galla. Sia a livello proprio di strutture linguistiche ma anche di narrazione. Solo chi ha vissuto in prima persona certi tipi di situazioni riesce poi a restituirle a chi legge con tale precisione e delicatezza.
Uno dei temi principali da cui Nadia Terranova ha deciso di intraprendere questo percorso alla scoperta delle due sorelle Nothomb è stato il rapporto con alcuni animali, protagonisti dei due libri presentati. Per Julie, ad esempio, si tratta dei cavalli; ne L’elogio del cavallo traspare non solo la sua conoscenza dell’argomento ma anche una forte passione nei confronti di uno sport come l’equitazione che lei ha praticato per parecchio tempo. Nel caso di Amélie, invece si è parlato degli uccelli: da ragazzina, infatti, aveva scoperto e questo grande interesse per l’ornitologia e lei stessa nel libro racconta di questa ossessione aviaria.
Non è un caso se ha deciso di intitolare il suo ultimo libro Psicopompo. Con questo termine si definiscono quegli esseri che trasportano le anime da una vita all’altra se così si può dire. Un esempio sono le colombe che, rivangando i ricordi ormai lontani del catechismo, sono presenti anche nella simbologia cattolica per rappresentare un rinnovamento, un segnale di pace ristabilita tra Dio e l’uomo dopo gli eventi dell’arca di Noè.
Durante il dibattito, poi, si è parlato spesso dell’importanza della famiglia. Entrambi i libri presentati infatti trattano a diversi livelli il tema. Si è approfondito nello specifico il loro rapporto con il padre Patrick Nothomb venuto a mancare nel 2020. Si tratta di una figura che desta curiosità nel pubblico per la sua carriera ma anche per i racconti che emergono ogni tanto dagli scritti delle figlie. Amélie, specialmente, ha descritto il suo come un rapporto privilegiato rispetto a quello del resto della famiglia. Lei stessa definisce il suo romanzo Primo sangue (Voland 2021) come non un libro dedicato a lui ma un testo scritto proprio da lui attraverso la sua persona.
Parafrasando le sue parole, si è sentita un vero e proprio psicopompo che ha attraversato i limiti della morte sentendo, in qualche modo, la presenza del padre che voleva che quelle frasi, quelle riflessioni, quei ricordi fossero impressi nero su bianco.
Il rapporto con la morte ha sicuramente un valore soggettivo e mistico che non può essere giudicato assolutamente in termini razionali, non è chiaro dove finisca l’ispirazione poetica e dove inizi la mancanza e la suggestione. In ogni caso, di fronte alle due personalità delle sorelle Nothomb è difficile restare razionali. La grazia e la compostezza con cui si presentano, figlia di quell’educazione blasonata dell’ambiente che le ha cresciute, ci trasporta verso una realtà che è ben lontana e diversa da quella a cui può essere abituata una persona comune.
Riflettendoci meglio il loro è un punto di vista assolutamente fuori dal consueto che ha portato uno sviluppo di idee, di stile di scrittura e di espressione che rende le rispettive opere uniche nel loro genere. Malgrado questa distanza da ciò che, appunto, si può definire consueto, dagli scritti di Amélie Nothomb -quelli che personalmente conosco meglio- emerge una profonda comprensione dell’animo umano. Un’analisi a volte quasi crudele di certi comportamenti e sentimenti la cui lucidità lascia quasi col fiato corto chi sta leggendo.
Questo evento con tre personalità così affascinanti come quelle di Nadia Terranova e le sorelle Nothomb è proprio uno degli esempi di quello che eventi come il Salone del Libro di Torino dovrebbero essere; sicuramente un momento di incontro con chi condivide la passione per la lettura ma anche l’arricchimento di esperienze, riflessioni, dibattiti che si crea proprio in queste circostanze di confronto. In conclusione, non sono rimasta delusa perché non ho incontrato soltanto una delle mie autrici preferite: ho vissuto per il tempo di cinquanta minuti le esperienze di due esseri umani.
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